L’Unione Sarda – 16 febbraio 2024

«Centrodestra e centrosinistra si propongano come i salvatori della patria, i portatori di soluzioni. Eppure i problemi li hanno creati loro e mai risolti, visto che da vent’anni si alternano alla guida della Regione».

Adriana Monni, bandiera di Sardigna R-esiste, lo dice con la tenacia della militante:«Non possiamo ancora lasciare la nostra Isola in mano a chi ha dimostrato di non saperla amministrare».

È alla prima esperienza politica? «Direi di no. A 20 anni sono stata una delle fondatrici di un comitato civico. Era la fine degli anni Settanta. A Burcei l’acqua si andava a prendere alla fonte. Ci fu un’epidemia di epatite. Con tutta la popolazione ci mobilitammo a Cagliari. Era l’inizio dell’estate».

 

Come andò a finire? «Protestammo con tale veemenza che in autunno venne completata la rete idrica, la potabilizzazione divenne realtà anche da noi».

 

È in Sardigna R-esiste con quello stesso spirito civico? «Stiamo ereditando un’Isola devastata, dobbiamo fare qualcosa».

 

Lista delle emergenze. «Nel nostro programma poniamo questioni sociali e politiche, a cominciare dalla legge elettorale che tutti dicono di voler cambiare ma nessuno, né a destra né a sinistra, lo fa. E guarda a caso sono gli stessi che l’hanno approvata nel 2013. È una norma anti-democratica che il povero Pannella, se fosse vivo, definirebbe liberticida: favorisce le grandi coalizioni e non permette la rappresentatività di tutte le componenti della società sarda, serve una modifica in senso proporzionale».

 

Cos’altro è prioritario? «La questione della legalità.Abbiamo sportelli della pubblica amministrazione chiusi. Viviamo nel paradosso che per accedere ai nostri diritti di cittadini dobbiamo produrre una montagna di documenti. L’organizzazione degli uffici sembra fatta apposta per spingere gli utenti verso la resa. A Sardigna R-esiste ci interessano i progetti veri non le panzane che propongono le altre coalizioni».

 

Qualità della sanità sarda? «Allarmante, il sistema non funziona. Un malato grave fa in tempo a morire prima che la Asl di riferimento garantisca un letto adeguato o l’assistenza domiciliare. Manca totalmente il supporto alle famiglie. Anche sulla sanità la fanno da padrone le lungaggini burocratiche».

 

Con l’istruzione va meglio? «Niente affatto: i bambini che vivono nei piccoli paesi sono costretti a fare i pendolari dalle elementari. Noi vogliamo scuole aperte tutto il giorno, perché siano un punto di riferimento culturale e di aggiornamento continuo per le comunità». (al. car.)

Categorie: Interviste

Sardigna Resiste